14a Domenica Ordinaria, 08 luglio 2018
Gesù venne nella sua patria e lì non poteva compiere nessun prodigio
Gesù
venne nella Sua patria e i Suoi non Lo
riconobbero! A differenza dell’Emorroissa e
di Giairo (Domenica scorsa), i Suoi
compaesani non accolgono Gesù e, per la loro
grave incredulità, Gli impediscono di
compiere alcun prodigio, salvo che in ‘pochi
malati’, che Egli guarì, imponendo loro le
mani Per la loro autosufficienza, superbia e
pomposa supponenza, i Suoi compaesani non
riescono a vedere in Lui il Figlio e
l’Inviato da Dio: è ‘uno di noi’, è
quel falegname che conosciamo, come la madre
e tutti gli altri parenti! La loro altezzosa
superbia e boriosa autosufficienza, li
ostacolano nel riconoscere in quel
‘falegname’ il Messia, promesso e mandato da
Dio (Vangelo). Come gli antichi veri
profeti, Gesù è sottoposto a rifiuti, a
solitudini, a rigetti e a persecuzioni: ‘venne
tra la Sua gente, ma i Suoi non l’hanno
accolto’ (Gv 1,11).
Anche a Ezechiele,
mandato agli Israeliti, tocca la stessa
sorte: resta un profeta inascoltato e
rifiutato, ma quale segno della presenza di
Dio in mezzo a loro. Il profeta ‘ascolta
Chi gli parla’ e obbedisce a Chi lo
invia! Il profeta vero e autentico, dunque,
non è, colui che va da sé, ma colui che è
mandato a compiere la missione di Colui che
gli ha parlato ed egli ha ascoltato (prima
Lettura).
Paolo, nella seconda Lettura,
ci mostra come la grazia e la potenza di
Cristo, che dimora e agisce in lui, lo renda
forte, proprio, nelle sue debolezze,
difficoltà, oltraggi, persecuzioni e angosce.
Egli fa esperienza dolorosa e drammatica
della ‘spina nella sua carne’ (qualche
malattia, tutte le avversità che
incontra, ‘persecuzioni’ e ‘angosce’,
insieme ai suoi limiti e debolezze, alle sue
fragilità con i suoi lamenti e i suoi
passaggi penosi), e, per questo ‘per tre
volte ha pregato il Signore perché lo
liberasse’ ed Egli gli risponde: ‘Ti
basta la mia grazia; la forza infatti
si manifesta pienamente nella debolezza’.
Il cristiano, vero seguace di Cristo, deve
essere sempre consapevole dei suoi limiti,
fragilità e debolezze, per ‘non montare in
superbia’ e poter affermare con Paolo: ‘mi
vanterò delle mie debolezze perché dimori in
me la potenza di Cristo’ e, così,
concludere: ‘infatti, quando sono debole,
è allora che sono forte’. È
nell’esperienza e consapevolezza dei nostri
limiti e vulnerabilità che dobbiamo percepire
e attualizzare la risposta rassicurante del
Signore: ‘Ti basta la mia grazia’
(seconda Lettura).
Anche noi, forse stiamo
correndo lo stesso rischio dei Suoi
compaesani che non Lo hanno creduto e Lo
hanno rifiutato, perché schiavi di
preconcetti e pregiudizi, radicati in un
cuore chiuso al Messia, perché imbrigliato in
una religiosità immobile, legalista e solo
formalmente appagante!
Anche noi, fermi e
fossilizzati nelle abitudini tramandate, Lo
rifiutiamo per non esserne scomodati in
quanto ci siamo costruiti la ‘nostra’ fede!
Una fede impacchettata in formule e nozioni,
anziché vivere di una fede inquieta, mai
sazia, aperta al nuovo e capace di accogliere
i palpiti del Suo amore che rendono ogni
giorno carico di stupore e di meraviglia,
solo se decidiamo, finalmente, di aprirci
alla frontiera del ‘non ancora’ e alla
ricerca di ‘un oltre’ che ancora ci manca e
che sempre deve attrarci e liberarci dalla
comoda supponenza e autosufficienza
mortifera.
E, ora, Noi, che
abbiamo ascoltato, dobbiamo aver il coraggio
e la lealtà, di confrontarci con la Parola,
facendola combaciare con la nostra vita reale
e non immaginata e supposta! E Noi, che ci
definiamo Suoi seguaci, Suoi ‘compaesani, Sua
gente e Suoi ‘parenti’, Lo abbiamo accolto o
rifiutato? Noi che diciamo di sapere tutto di
Lui, di avere una buona familiarità con Lui,
continuiamo a meravigliarci a stupirci di
Lui, Figlio di Dio e Servo dell’uomo?
Noi di che fede viviamo? Quella già
scontata, solo formalistica, supponente,
prigioniera delle troppe convenzioni
prestabilite, troppi preconcetti,
pre-comprensioni, pregiudizi!
Noi,
che abbiamo un disperato bisogno di vivere
una nuova relazione e un fecondo incontro con
Gesù Cristo, dobbiamo tornare alla genuinità
del nostro primo incontro con Lui e dobbiamo
aver il coraggio di liberarci di ciò che non
è Lui, da ciò che non parla di Lui, da ciò
che non ci porta a Lui, da tutta la nostra
supponenza boriosa che è di ostacolo a Lui!
Per conoscere sempre più
Chi è Gesù di
Nazareth, ‘quel falegname’, che ha
madre e parenti conosciuti, ma non è riconosciuto
Messia e Figlio di Dio, dobbiamo liberarci
dalle false conoscenze acquisite e
sclerotizzate su di Lui, vincere la
tentazione di affidarci alle risposte da
manuale, pre-confezionate e pronte all’uso,
per percepirLo nella nostra debolezza quale
nostra Fortezza e sperimentarLo nella
bellezza e dolcezza di amarLo, ogni giorno di
più, come se fosse la prima volta!
Ultimo aggiornamento 06/07/2018 - 18:42