Santa Messa 50o Anniversario Sacerdozio Don Vincenzo Carnevale, Paola 1 Agosto 2020
4a Domenica di Quaresima, 10 Marzo 2024
Dio ha tanto amato il
mondo da dare il Figlio
unigenito, perché
chiunque crede in lui
abbia la vita eterna
Oggi,
celebriamo la 4a
Domenica,
posta “a metà
Quaresima”, detta
per questo “mediana”,
è la Domenica della
gioia (Laetare) alla
quale siamo chiamati e
invitati dall’Antifona
d’ingresso: “Rallegrati,
Gerusalemme e voi tutti
che l’amate, radunatevi.
Sfavillate di gioia con
essa, voi che eravate
nel lutto. Così gioirete
e vi sazierete al seno
delle sue benedizioni”
(Is 6,10-11).
Del dono della
gioia
non possiamo farne a
meno! Siamo stati creati
per la gioia. Senza
gioia, la vita non è
vita, come l’amore senza
sacrificio non esiste!
Come non possiamo vivere
senza la vera gioia e il
vero amore, Cristo
crocifisso, umiliato
e innalzato,
morto e glorificato, che
ci fa rinascere
dall’alto della
croce e ci fa risorgere
dalla morte
insieme con Lui! La
Parola della liturgia
odierna è gioia
piena e libertà
vera, scelta e non
rinuncia, pace e
speranza per tutti noi,
perché “da morti che
eravamo nel peccato, Dio
ci ha fatto rivivere con
Cristo: per grazia siamo
stati salvati”! La
gioia pasquale,
infatti, scaturisce
dalla certezza di essere
amati da Dio al punto da
mandare, quando eravamo
morti a causa dei nostri
peccati, il Figlio Suo
primogenito non a
condannarci, ma per
condurci a credere in
Lui e a ricevere in dono
la vita eterna. Cristo,
innalzato, immolato,
morto e risorto per noi,
è la nostra Salvezza
eterna e Gioia
pasquale.
Nel Vangelo Gesù
ci invita ad uscire dal
mondo, perché non siamo
del mondo e per questo
Dio Padre lo ha mandato
nel mondo, perché il
mondo sia elevato a lui
e salvato mediante il
dono dell’abbassamento e
dell’elevazione del
Figlio, nel quale,
quando ancora eravamo
morti, ci ha scelto per
farci rivivere (seconda
Lettura). Gesù, nel suo
Dialogo con
Nicodemo, rivela l’amore
supremo e inaudito del
Padre che si concretizza
nel Dono del
Figlio, esaltato sulla
Croce, come “il
serpente nel deserto”,
per l’umanità infedele e
peccatrice, bisognosa di
redenzione e di
salvezza.
La
Prima Lettura
ci insegna che il non
ascoltare e il
non credere alle
parole dei messaggeri di
Dio portano alla rovina
e all’esilio il Popolo.
Babilonia, luogo
della prigionia e
della punizione,
può diventare anche
luogo della
conversione: mentre
Israele ripete le sue
infedeltà, Dio, rimane
fedele per sempre
nella Parola che
ammonisce per rianimare,
purificare, confortare e
salvare. Questa salvezza
non viene da noi
e non dipende da
noi, dalle nostre
opere, perché nessuno
possa vantarsene, ma
è dono di Dio che ci ha
fatti rivivere
con Cristo e con Lui ci
ha anche risuscitati
(Seconda
Lettura).
Oggi,
Domenica “Laetare”,
siamo invitati a
riflettere seriamente
e responsabilmente
sulle cause della
rottura dell’Alleanza
da parte nostra e
contemplare l’amore di
Dio, ricco di
misericordia, che “da
morti che eravamo per le
nostre colpe, ci ha
salvati per grazia,
facendoci rivivere con
Cristo”. Quando
l’Alleanza è distrutta
dal peccato e tradita
dall’infedeltà degli
uomini, è sempre Dio a
prendere l’iniziativa di
ricondurre la Sua
creatura, con infinto
amore, nelle Sue braccia
di misericordia, per
mezzo del Figlio
Salvatore che,
amandoci più della Sua
vita, sacrificata per
noi su una croce,
patibolo infame e
maledetto,
innalzato quale
mediatore tra cielo e
terra, “Ci guarisce”
dai morsi del
maligno,
donandoci la ricchezza
della Sua grazia,
“perché, rinnovati nello
spirito, possiamo
corrispondere al suo
eterno e sconfinato
amore”
(Colletta
Anno B).
La Parola ci
rivela
come, Dio, proprio
perché ama il Suo
popolo, anche se
infedele e ribelle,
trasforma la sua triste
deportazione e il suo
umiliante esilio in un
mezzo pedagogico
di feconda conversione e
nuova rinascita. Ed
ecco, allora, dopo il
dramma/prova/purificazione
della fede, attraverso
gli eventi dolorosi e
umilianti (distruzione,
deportazione, esilio),
la liberazione del Suo
popolo, il ritorno
glorioso in patria, la
festosa ricostruzione e
la conseguente unzione
del popolo a essere solo
“a Dio consacrato”.
Dopo la rottura
dell’Alleanza da parte
del Popolo infedele,
dunque, Dio la
ricostituisce nel Suo
amore e definitivamente
nel Figlio,
crocifisso e innalzato
sulla croce, perché
potesse attirare a
Sé tutti gli uomini per
essere illuminati dalla
Sua luce ed essere
guariti nelle Sue
piaghe!
Una croce senza il
Crocifisso
dice infamia,
patibolo maledetto, solo
morte senza
risurrezione! La croce
con il Crocifisso,
diventa potente e
gloriosa, splendida e
irraggiante nella sua
misteriosa bellezza.
Anche le
nostre croci
quotidiane, senza
Cristo, sono
insopportabili, ci
fanno cadere a terra, ci
schiacciano e ci
tolgono la gioia di
vivere! Fissando lo
sguardo sul Crocifisso
Vivente, contemplando le
Sue piaghe che
guariscono le nostre,
scopriamo che Dio ci ama
e in Lui, perciò, ci
salva. La parola
“croce”, d’ora in poi,
per me, non è più
rassegnazione,
non rappresenta un
supplizio mortale, ma mi
rivela semplicemente che
Dio mi ha tanto amato
fino a darmi il
Figlio Suo, morto e
innalzato per me per
farmi rinascere e
risorgere con Lui
a vita nuova ed
eterna.
Siamo oltre la metà del
Cammino Quaresimale,
mentre la Pasqua “si
avvicina”, dobbiamo ora
entrare nel Mistero
della Passione, Morte e
Risurrezione di Gesù,
Figlio che viene
Innalzato sulla Croce e
diviene Salvezza per
tutti quelli che
credono in Lui e
vogliono “rinascere
dall’alto”:
E questo
è possibile solo in
Cristo Gesù, che “è
disceso dall’alto”
perché mandato dal Padre
in terra, non per
condannarci ma per
donarci in Lui e “per
mezzo di Lui”,
redenzione, salvezza e
vita eterna.
Ultimo aggiornamento
09/03/2024 - 11:14
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