Santa Messa 50o Anniversario Sacerdozio Don Vincenzo Carnevale,  Paola 1 Agosto 2020

27a Domenica Ordinaria, 5 Ottobre 2025

Il giusto vivrà per la sua Fede
La forza e l’efficacia della fede in Cristo
La fede è dono di Dio che richiede la nostra accoglienza nella nostra risposta al Suo amore e al piano della Sua salvezza. Cresce e si rafforza nell’ascolto della Sua Parola e nel servizio, umile e gratuito, ai fratelli. È adesione a Cristo, Servo umile e obbediente alla Volontà del Padre, fino alla morte e alla morte di croce. La genuina consistenza e la feconda efficacia della vera fede in Cristo, si riconosce dai suoi frutti. La vera fede non si misura in quantità, ma, si riconosce dalla qualità e dai suoi frutti! Gesù presenta la fede non come quantità, ma, di qualità e corregge il nostro modo di pensare e di valutare! Quante volte affermiamo:“Io ho tanta fede”, dimenticando che la fede è un dono da accogliere e vivere per il fine per cui ci è stata donata: credere per raggiungere la salvezza.
La fede è qualità, non quantità
! È dono e mistero, che cresce e matura per mezzo dello Spirito Santo. Non la possiamo “produrre” noi, attraverso la moltiplicazione delle “feste religiose” ridotte a sagre paesane, gare campanilistiche e occasione di occulta propaganda e sponsorizzazione. Cosa resta di queste nostre feste? La fede si è accresciuta, consolidata e ravvivata? La fede è dono, che si nutre di Parola, si radica, si edifica e si accresce nella Celebrazione del Mistero della fede (Mysterium fidei), nel quale annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la Sua risurrezione, attendiamo, nella fiducia e nella pazienza perseverante, la Sua venuta!
Nel Vangelo di oggi
, gli apostoli fanno l’esplicita sollecita e sincera richiesta di aiuto al “Signore”, “Accresci, aumentaci fede!” perché avvertono e hanno consapevolezza che la loro fede è insufficiente e che ha bisogno, perciò, di essere accresciuta in intensità e qualità dal Signore, come in  Mc 9,24, il padre dell’epilettico indemoniato: “aiutami nella mia incredulità”! Gli apostoli che, in Lc 11,1, gli chiedono: “insegnaci a pregare”, oggi, pregando il Signore di accrescere la loro fede, inconsapevolmente, da un lato, riconoscono e capiscono che essa è puro dono gratuito, che ci è dato dall’alto e che senza esso non possono corrispondere pienamente alle radicali esigenze della Sua sequela, dall’altro, dimostrano che quella fede che dicono di avere/possedere e che chiedono sia accresciuta e aumentata dal Signore, in realtà, non c’è, perché manca di qualità e fondamento! La fede è fidarsi di Dio ad occhi chiusi e cuore sereno, lasciandosi guidare dalla Sua Parola, rinunciando alle nostre logiche e calcoli umani. L’orgoglio e la superbia ci perdono e ci disperdono!
Con la parabola del padrone
-agricoltore in rapporto al suo servo, Gesù avvicina il tema della fede a quello del servizio e, prendendo spunto dalle modalità con cui, nel suo tempo, venivano regolati i rapporti tra il padrone e il suo servo, ci dice quale deve essere la giusta relazione tra il discepolo e il suo Signore. Gesù naturalmente non vuole, ora, esprimere alcun giudizio morale sui rapporti sociali tra padrone e servo, ma ne fa solo occasione per affermare che il servitore del Vangelo non può accampare meriti, diritti, privilegi e ricompensa, perché ha già avuto molto di più di una  retribuzione nel fatto di aver avuto l’onore e la grazia di essere stato scelto, consacrato e inviato ad annunciare la Sua salvezza!
La “gratuità”
, con cui tutto ci è stato donato, deve essere l’anima del nostro “servizio” che deve essere svolto seguendo Gesù che si è fatto “servitore” di tutti e ha speso e donato la vita per salvare tutti. Siamo solo servi inutili, nulla più: abbiamo solo cercato di rispondere al dono che precede il dovere! Siamo, solo, servi inutili, abbiamo fatto solo quello che dovevamo fare! Mentre il Vangelo c’invita a scoprirci solo, come servi inutili, anche quando avremo fatto quello che dovevamo fare, la prima Lettura ci rivela che solo Dio ci salva e può renderci giusti. Egli salva chi si affida completamente a Lui e non “può” salvare il superbo, colui, cioè, che fa affidamento sulle proprie capacità e, così, gli impedisce di salvarlo (Prima Lettura). Nella seconda Lettura, Paolo, in prigione per la fede, scrive a Timoteo, che considera suo figlio, e a lui si propone, come esempio da imitare, perché egli ha imitato Cristo e da Lui anche Timoteo deve lasciarsi assimilare, nell’accogliere, e comprendere e custodire “i sani insegnamenti” da lui ricevuti, per metterli in pratica e testimoniarli “con la fede e l’amore che sono in Cristo Gesù”. L’Apostolo raccomanda a Timoteo di ravvivare il Dono della Missione, ricevuta da Dio attraverso l’imposizione delle sue mani, di non vergognarsi nel dare testimonianza al Signore e di imparare a soffrire insieme con lui per il Vangelo. Non deve aver paura nel testimoniare il Vangelo, non deve dimenticare gli insegnamenti ricevuti, deve custodire e conservare il bene prezioso del deposito della fede che ha ricevuto e che gli è stato affidato. Quindi, anche noi, nel combattimento della fede non siamo mai soli: c’è donata la forza di Dio e lo Spirito che ci fa partecipare alla “fede e alla carità che sono in Cristo Gesù.

Fai clic qui per la meditazione integrale dell'Omelia
Ultimo aggiornamento: 05/10/2025 - 20:44

Indirizzo email
posta@vivodiparoladidio.it